Quante occasioni e quante opportunità, in cui semplicemente ,ogni giorno, papà ha fatto la sua scelta .E' stata la sola onestà a fargli tenere dritta la barra della propria condotta?E' stato il senso del dovere a impedirgli un compromesso anche con sé stesso? E' stata la fedeltà ,l'obbedienza alle leggi e allo Stato?
Io penso di no, credo che mio padre lasci, più di ogni altro esempio , quello di un uomo capace di affermare la propria libertà. Con sé stesso ,rimanendo coerente al proprio pensiero ,alle proprie convinzioni .Con gli altri ,quando ha respinto blandizie e ricatti senza neanche cercare protezioni "politiche",nella consapevolezza che anche quelle potevano avere un prezzo.E'stato libero nel senso più completo del termine ,quello che include la consapevolezza del proprio ruolo .Non istituzionale,di commissario liquidatore ,ma di uomo, di marito, di padre, di cittadino.
Il mondo , in una certa misura,va nella direzione in cui noi vogliamo che vada (anche nella subordinata forma del "permettiamo").Ciascuno di noi è responsabile per qualche grado di questa direzione secondo l'inclinazione che attraversa la nostra quotidianità e che possiamo cambiare con le nostre scelte e con il nostro agire .Nelle piccole e nelle grandi cose : nell'accettare di non fare o di non pretendere una fattura ,di chiedere o non chiedere un permesso che una norma impone , di rispettare o meno i diritti del nostro prossimo , o per esempio delegando ad altri le scelte che dovrebbero impegnarci.Questo è il "potere" che ha ciascuno di noi.
E se in qualche momento,che l'abbiamo cercato o no ,l'esercizio di questo potere coinvolge non solo la nostra vita personale ,ma anche i diritti di altri e implica la responsabilità verso altre persone ,poche o tante che siano, ecco che stiamo facendo politica.
Come è capitato a papà che scrive :"a quarant'anni ,di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito ".
Umberto Ambrosoli "Qualunque cosa succeda"(pp.314-315)
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